LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha   emesso  la  seguente  ordinanza,  sul  ricorso  n. 17324/05,
depositato  il 26 novembre 2005, avverso Provvedimento di irrigazione
di  sanzioni  contro  Agenzia  delle  Entrate  - Ufficio di Milano 3,
proposto da Belardi Lorenzo, elettivamente domiciliato in Milano, via
Premuda  n. 10,  presso  lo studio degli avv. Gaetano e Livio Capasso
dai quali e' rappresentato e difeso giusta procura speciale a margine
del ricorso.
    Belardi  Lorenzo  (titolare  di  un  salone per parrucchiere) con
ricorso  notificato  in  data  10  novembre  2005  a  mezzo ufficiale
giudiziario all'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Milano 3, impugnava
il  provvedimento  -  notificatogli  in  data 22 agosto 2005 - con il
quale   l'anzidetto   Ufficio  richiamando  il  processo  verbale  di
constatazione  redatto  in data 1° ottobre 2004 da propri funzionari,
gli  irrogava,  ai  sensi  dell'art. 3, comma 3, del d.l 22. febbraio
2002,  n. 12,  convertito  in legge dall'art. 1 della legge 23 aprile
2002,  n. 73,  la sanzione pecuniaria di Euro 17.582,00 per l'impiego
di  una  lavoratrice irregolare (Piraino Laura) «non risultante dalle
scritture o altra documentazione obbligatoria».
    Il  ricorrente  affermava  di aver asunto la sig.ra Piraino Laura
con  qualifica  di  «aiuto  parrucchiera» in data 27 settembre 2004 e
quindi soltanto alcuni giorni prima della contestata (e non smentita)
infrazione.
    Il  ricorrente  evidenziava che la sanzione irrogatagli era stata
calcolata  in  base  al  vigente  CCNL  per  il periodo compreso «tra
l'inizio  dell'anno  e  la  data di contestazione della violazione» e
quindi  con  riferimento al periodo 1° gennaio 2004/1° ottobre 2004 e
chiedeva  l'annullamento  del  provvedimento  impugnato  (o  sia pure
implicitamente una congrua riduzione della sanzione inflittagli).
    A  sostegno  della domanda di annullamento il ricorrente invocava
la  sentenza n. 144/2005 della Corte costituzionale che, a suo' dire,
avrebbe  dichiarato la totale illegittimita' della norma in base alla
quale  gli  era  stata  irrogata la sanzione de qua ma, in subordine,
chiedeva  di  poter  provare  con  due testi (Santoro Fabrizio e Noli
Tania)  che  il  rapporto  di lavoro con la Piraino Laura aveva avuto
inizio successivamente al primo gennaio del 2004 ed esattamente il 27
settembre 2004.
    L'Agenzia  delle  Entrate, Ufficio di Milano 3, si costituiva con
comparsa  in  data  12 giugno 2006 con la quale eccepiva una presunta
inammissibilita'  del ricorso (per mancata sottoscrizione della copia
del  ricorso)  e,  nel  merito,  chiedeva il rigetto con condanna del
ricorrente alle spese del giudizio.
    Il   ricorrente,  in  prossimita'  dell'udienza,  presentava  ima
memoria  alla  quale  allegava  una dichiarazione sostitutiva di atto
notorio  rilasciata  da un «terzo» a conferma di quanto affermato dal
ricorrente  sulla  data di inizio «27 settembre 2004» del rapporto di
lavoro della sig.na Laura Piraino.
    All'udienza   di   discussione   dell'11  ottobre  2006,  assente
l'Agenzia  delle  Entrate,  intervenivano  il  ricorrente  ed  il suo
difensore, avv. Gaetano Capasso, il quale si richiamava al ricorso.
    Per   la   controversia   oggetto  d'esame  concernente  sanzione
pecuniaria   per   lavoratori   irregolari   (art. 3,   comma 3,  d.l
n. 12/2002,  convertito dalla legge n. 73/2002) sussiste, a parere di
questo  Collegio,  anche  in  base al disposto dell'art. 5 cod. proc.
civ.  «momento  determinante della giurisdizione e della competenza»,
la  giurisdizione  delle  Commissioni  tributarie, gia' peraltro, sia
pure  implicitamente,  riconosciuta dalla Corte costituzionale (Sent.
n. 144/2005).
    Ritiene  il  Collegio  che  l'eccezione  di  inammissibilita' per
mancata sottoscrizione della copia del ricorso (notificata a mezzo di
ufficiale  giudiziario  ex art. 137 c.p.c.) sia infondata, risultando
l'originale  debitamente  sottoscritto. Ha stabilito la Cassazione in
una  fattispecie  analoga,  che  «La  mancanza  di sottoscrizione del
difensore  abilitato a rappresentare la parte in giudizio nella copia
notificata  della  citazione, non incide sulla validita' di questa se
e'  sottoscritto  l'originale  e  la  copia  notificata fornisca alla
controparte  sufficienti elementi per acquisire la certezza della sua
rituale provenienza da quel difensore.» (Cass., sez. 2, sent. n. 3620
del 13104/1999; ed anche Cass., sez. V, n. 5257 del 15 marzo 2004).
    Ritiene  anche  il  Collegio  che la dichiarazione sostitutiva di
atto  notorio  (prodotta  dal  ricorrente)  non  possa  avere  alcuna
rilevanza  probatoria,  almeno  fino a quando nel processo tributario
viene esclusa la prova testimoniale.
    Diversamente  opinando  verrebbe facilmente «aggirato» il divieto
della prova testimomale ... previsto dall'art. 7, comma 4, del d.lgs.
31  dicembre  1992,  n. 546, in assenza peraltro delle «garanzie» che
sono  connesse  con  la  prova testimoniale (osservazioni delle parti
sull'attendibiita'  del  teste,  richiesta  di  chiarimenti, sanzioni
penali etc).
    Il   ricorrente   invoca,   a   sostegno  della  sua  domanda  di
annullamento  dell'atto  impugnato,  la  recente sentenza della Corte
costituzionale   (Sent.   n. 144/2005)   la   quale   ha   dichiarato
l'illegittimita'    costituzionale    dell'art.   3,   comma 3,   del
decreto-legge   22   febbraio   2002,   n. 12,  convertito  in  legge
dall'art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 73.
    La  citata  sentenza,  pero',  come  correttamente ha rilevato la
parte   opposta,   non   ha   dichiarato   in  toto  l'illegittimita'
costituzionale della norma anzidetta, ma soltanto «nella parte in cui
non  ammette  la  possibilita'  di  provare che il rapporto di lavoro
irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell'anno
in cui e' stata contestata la violazione» e quindi nella parte in cui
la stessa prevedeva una presunzione assoluta.
    La Corte costituzionale ha riconosciuto quindi al trasgressore la
possibilita' di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto
inizio  successivamente  al  primo  gennaio dell'anno in cui e' stata
contestata la violazione.
    Nel   caso   di  specie  il  trasgressore-ricorrente  ha  chiesto
espressamente  di  provare  con  testi  che il rapporto di lavoro per
quale gli e' stata irrogata la sanzione pecuniaria ha avuto inizio al
27 settembre 2004.
    L'istanza  per  l'ammissione  dell'anzidetto  mezzo  istruttorio,
pero',  in base al chiaro disposto di cui all'art. 7, comma 4, d.lgs.
n. 546/1992, dovrebbe essere rigettata.
    Questo  Collegio  ritiene  che  (salva la valutazione del giudice
sull'attendibilita' dei testi) il trasgressore possa provare soltanto
con  testi  che  il  rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio in
epoca  successiva  al  primo  gennaio  dell'anno  in cui gli e' stata
contestata la violazione.
    Quindi, a meno di non vanificare la recente pronuncia della Corte
costituzionale  (Sent.  n. 144/2005),  questo Collegio ritiene che la
norma  di  cui  all'art.  7,  comma  4,  del d.lgs. 31 dicembre 1992,
n. 546,  che nel processo davanti alle Commissioni tributarie esclude
la  prova  testimoniale,  sia,  quanto  meno,  di dubbia legittimita'
costituzionale  in relazione agli artt. 3 (ragionevolezza), 24, comma
2,  (diritto di difesa) e 111, secondo comma, (giusto processo) della
Costituzione.
    Trattasi  di  questione «rilevante» ai fini della definizione del
presente   giudizio   perche'   la   prova   testimoniale   e'  stata
espressamente  chiesta dal ricorrente (ved. ord. Corte costituzionale
n. 375/2004)    e   perche'   il   rigetto   dell'anzidetta   istanza
comporterebbe il rigetto del ricorso, mentre l'ammissione della prova
testimoniale  potrebbe portare al suo accoglimento e all'annullamento
(totale o parziale) dell'atto impugnato.
    E  di questione anche «non manifestamente infondata» in relazione
al  principio  di  ragionevolezza  (art.  3)  perche'  non si puo' in
astratto  riconoscere  «la  possibilita'  di provare» una determinata
circostanza  e  contemporaneamente  negare  l'unico  mezzo  di  prova
(testimonianza)  che  la parte puo' produrre; in relazione al diritto
di  difesa  (art.  24, secondo comma) perche', nel caso di specie, il
ricorrente puo' difendersi soltanto provando con testi il «fatto» sul
quale  ha  fondato la sua domanda; in relazione all'art. 111, secondo
comma   (giusto   processo),  perche'  le  parti  non  sarebbero  «in
condizioni   di   parita»,   potendo  o  avendo  potuto  la  pubblica
amministrazione  usufruire  di  dichiarazioni  rese  da terzi in sede
extraprocessuale.
    Ulteriori  considerazioni inducono questo Collegio ad evidenziare
che   l'esclusione  della  prova  testimoniale  processo  tributario,
specialmente   dopo   alcune  innovazioni  legislative  apportate  al
processo  amministrativo,  appare  anacronistica  e priva di concrete
giustificazioni,
    Gli  Organi  di  giurisdizione  tributaria, secondo il prevalente
orientamento  della  dottrina  e della giurisprudenza, sono organi di
giurisdizione  amministrativa  (speciale)  - art. 113 Cost. - perche'
parte necessaria e' sempre la pubblica amministrazione.
    Quindi  anche  il  giudice  tributario,  al  pari  dei magistrati
contabili,  e' un giudice amministrativo, in senso lato, sia pure con
«competenza» limitata a determinate controversie.
    Il  giudice  amministrativo,  pero', con la legge 21 luglio 2000,
n. 205,  che  ha  sostituito  l'art.  35 della legge 6 dicembre 1971,
n. 1034,  «puo' disporre l'ammissione dei mezzi di prova previsti dal
codice   di   procedura  civile,  nonche'  della  consulenza  tecnica
d'ufficio, esclusi l'interrogatorio formale e il giuramento».
    La mancata estensione al giudice tributario dei poteri istruttori
riconosciuti  al giudice amministrativo appare priva di una razionale
giustificazione.